giovedì 21 febbraio 2008

Kwaidan (Storie di Fantasmi)

Kwaidan (Masaki Kobayashi,1963)

Altro film da cineforum fantozziano (o da Benedetta dei Ragazzi della 3a C, ricordate?): ammetto di non conoscere molto di 'sto Kobayashi, ma questo regista gode della mia infinita ammirazione per la perfezione stilistica di Seppuku, di cui vi ho già parlato. Quindi, dato che questo DVD era in bella mostra su uno scaffale alla Fnac e che il prezzo era ragionevole non ho resistito all'acquisto.

Kwaidan (letteralmene "storie di fantasmi" in giapponese) è un film "ad episodi". Per la precisione si tratta di quattro cortometraggi ispirati a quattro ghost-stories della tradizione nipponica. La stessa messa in scena è fortemente influenzata dal teatro e dalla pittura giapponese e rinuncia ad ogni pretesa di realismo in favore di un espressionismo deciso e intenso.

I quattro episodi mi sono piaciuti tutti, ma il terzo "Oichi il senza-orecchie" (da cui è tratto il fotogramma) mi è sembrato di gran lunga il migliore. Visionario, teatrale e ben realizzato si apre con un'onirica sequenza di battaglia che è un concentrato di arti visive del Paese del Sol Levante.

Anche questo, come Seppuku, non è proprio un film per tutti. In primis perchè non è doppiato, e in secundis perchè è talmente intriso di cultura giapponese da essere di difficile lettura per i profani. Questo secondo aspetto è ancora più accentuato rispetto a Seppuku, sia perchè la critica sociale è assente e sia perchè le "storie di fantasmi" nipponiche sono decisamente diverse dalle nostre.

Se vi interessano cultura giapponese e i film teatral-pittorici questo è un titolo da vedere a tutti i costi: alcune sequenze (e gli eccezionali titoli di testa) sono veramente splendide.

Un plauso alla "RaroVideo" che ha pubblicato il DVD in Italia: i titoli nel loro catalogo sono più cari della media, ma sono davvero rari ed interessanti (per esempio "Tetsuo" o i film di Jodorowsky) e i DVD sono sempre accompagnati da qualche pagina di introduzione e critica.

lunedì 18 febbraio 2008

Playtime



Playtime (Jacques Tati, 1969)



In una pseudo-Parigi ultramoderna i singoli personaggi, tra cui Monsieur Hulot impersonato dallo stesso Jacuqes Tati, si perdono, in una sorta di surreale vagabondaggio.

Il registro principale del film è quello comico: Monsieur Hulot, che si potrebbe vedere come antesignano di personaggi come Mister Bean, è al centro di situazioni e gag spesso buffe o paradossali. Dire però "al centro" in un film come questo risulta sicuramente impreciso: i paradossi del film sono spesso proprio in una perdita di centralità, in virtuosismi prospettici e di riflessione. Mi ricorda certi dipinti di Dalì: ciò che localmente ha un senso, globalmente ne ha un altro diversissimo (o assurdo). I personaggi non evolvono, le loro interazioni sono intense ma occasionali, i dialoghi fitti ma volutamente quasi sempre vacui, tanto da costituire nella maggior parte dei casi una sorta di rumore di fondo.

Tra una risata e l'altra, attraverso scene per la verità un po' troppo lunghe ma intrise di un interessantissimo horror vacui "jacovittiano", il film ci parla sullo sfondo (ma è il film stesso ad essere sullo sfondo, in primo piano non c'è mai nulla) della perdita di identità, del trionfo del moderno sull'uomo.

Il film è decisamente originale, come ripeto alcune scene sono un po' lunghe. Chi si avventura a guardarlo sarà però ripagato con un film geniale, e da alcune gag di una comicità brillante, talvolta poetica.

giovedì 14 febbraio 2008

Indagine su un Cittadino al di Sopra di Ogni Sospetto


Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Elio Petri, 1970)


Il capo della sezione omicidi della Questura di Roma, un uomo distinto e capace ma anche autoritario ed arrogante, uccide l'amante sgozzandola durante l'amplesso e dissemina la scena del crimine di prove inequivocabili della propria colpevolezza. Lo scopo dichiarato del delitto è quello di dimostrare la propria "insospettabilità".


Questo film ha molti meriti, in primis l'idea e lo svolgimento della trama che rivela poco a poco la complessa e frustrata psicologia del funzionario di polizia. L'esercizio del potere e della violenza sono lo sfogo di una mente infantile e repressa.


Però è anche un film "datato". Ci sono film che sembrano sempre attuali e ce ne sono alcuni che sembrano migliorare col tempo. Questo, invece, rivela i suoi anni dopo poche sequenze. Se non fosse per l'assenza di sparatorie, a prima vista potrebbe essere scambiato per un "poliziottesco" come tanti altri.


La recitazione di Volontè è un po' sopra le righe per i canoni attuali (forse per l'eccessiva "sicilianizzazione" del personaggio) ma è comunque molto efficace, così come efficace è la celeberrima colonna sonora di Morricone.


In sintesi: non mi è dispiaciuto ma credevo fosse più bello.

giovedì 7 febbraio 2008

La Battaglia di Algeri

La Battaglia di Algeri (Gillo Pontecorvo, 1966)

Questo film racconta, con un taglio quasi documentaristico, l'ascesa e la cattura del capo indipendentista Ali La Pointe nella Algeri degli anni cinquanta, tra i rastrellamenti della casbah da parte dei parà francesi e gli attentati del Fronte di Liberazione Nazionale.

"La Battaglia di Algeri" è uno dei migliori film che mi sia mai capitato di vedere. La sceneggiatura, per esempio, riesce ad essere neutrale ed emozionante allo stesso tempo.

Fotografia, recitazione,scenografia...tutto funziona alla grande e fin dalle prime sequenze si ha la sensazione di assistere ad un capolavoro. L'unica cosa che non mi ha mai entusiasmato è la colonna sonora, firmata peraltro dal maestro Ennio Morricone.

Se non l'avete mai visto, guardatelo. E' il mio film italiano preferito e credo sia uno dei film più belli di sempre.

martedì 5 febbraio 2008

Seppuku (Harakiri)

Seppuku (Masaki Kobayashi, 1962)

Ok, questo è un film da cineforum fantozziano. Non so a quanti di voi potrebbe piacere, ma non posso fare a meno di parlarvene.Seppuku ha molti difetti per lo spettatore medio. Per esempio è lento. Per esempio non è doppiato in italiano (ne' in inglese se è per quello). Per esempio è talmente intriso di cultura giapponese che può risultare un po' ostico.
Siamo nel Giappone del 1600. Un giovane samurai, ridotto in miseria, chiede di fare harakiri presso il palazzo di un alto dignitario - richiesta che talvolta veniva respinta con una piccola elemosina . Il giovane viene però costretto dal nobile locale ad un suicidio rituale di inusitata truculenza, sia come punizione per il suo stato di miseria, sia per "dare l'esempio" ai samurai del palazzo.
Qualche mese più tardi, un altro samurai in miseria, più vecchio, si presenta al palazzo con la medesima richiesta. Ma è chiaro da subito che c'è qualcosa che non quadra in questo anziano e cencioso guerriero.
Con tutti i difetti di cui vi dicevo, penso che Seppuku sia un film magnifico. Ogni singola inquadratura è un esempio di perfezione geometrica e di composizione dell'immagine. Non c'è una sequenza fuori posto. Non c'è immagine che non rifletta un'estetica posata e pulita, tipicamente giapponese e allo stesso tempo estremamente moderna e teatrale. Un po' come in molti film di Kubrick, la pulizia dell'immagine e la perfezione stilistica creano un senso di "tragedia imminente" che è difficile descrivere.
E' anche una pellicola di violenta denuncia contro l'inumanità del codice d'onore dei samurai,e, per traslato, dell'intero sistema di valori "tradizionale" della socità giapponese e, in un senso ancora più in generale, della vacuità dei simboli, dell'apparenza e delle tradizioni quando queste siano slegate dai bisogni concreti della persona e dai suoi sentimenti.

domenica 3 febbraio 2008

I Tre dell'Operazione Drago

Enter the Dragon (Robert Clouse,1973)


Chiariamoci da subito: e' un B-movie. Ma non è detto che sia un male.

Unico lungometraggio di produzione Hollywoodiana con Bruce Lee, Enter the Dragon è uno di quei film che, senza particolari meriti artistici o cinematografici, diventa film di culto perchè paradigma di un genere. E il genere in questione è quello dei film-di-arti-marziali-annisettanta.

Un'inespugabile isola-fortezza, sede di una potente organizzazione criminale, ospita annualmente un torneo di arti marziali. I servizi segreti britannici ingaggiano Lee perchè partecipi al torneo e raccolga informazioni sulle attività illegali che si svolgono sull'isola.

In questo film ci sono tutti gli stereotipi del genere: il maestro vecchio e saggio, l'americano (John Saxon) intrallazzone ma buono, il tipo afro in fuga dalla legge e grande amatore, il cattivo freddo e calcolatore, la bellissima spia infiltrata. C'è tutto. Azione, filosofia zen versione popcorn, vedute della Hong Kong del tempo, discinte signorine orientali e Bruce Lee con tanto di nunchaku. Ed è pure il film in cui debutta Jackie Chan (entra,prende due calci ed esce di scena).

E' un grande B-movie. Di quelli che piacciono tanto a Tarantino.