lunedì 8 dicembre 2008

Andrei Arsenyevich Tarkovsky,la fantascienza del Soviet e numerose facciate sul divano.

L'indimenticato Maestro Sovietico Andrei Ansenyevich Tarkovsky, a cui debbo diverse sonore dormite sul divano :-)

Qualche settimana fa, durante una cine-conversazione ad una festa, sono stato messo di fronte ad una pesante lacuna nella mia preparazione: Andrei Tarkovsky. Il nome è di quelli pesanti. Nel senso che, quando si parla di fantascienza, se non hai visto "Solaris" di Tarkovsky vieni immediatamente retrocesso al rango degli spettatori abituali di Natale a Rio, Amici di Maria de Filippi e La Talpa - che, nelle suddette conversazioni, sono valutati alla stregua dei cercopitechi.

Di qui si deduce una regola d'oro dello pseudo-cinefilo da party: se si parla di grandi registi o classici indiscussi MAI ammettere candidamente "non l'ho visto". Si perde ogni credibilità. Allo scopo di mantenere la vostra autorità in materia, dovrete preventivamente usare una delle seguenti frasi:

1) "L'ho visto a pezzi in TV" - con la variante rafforzativa "l'ho visto a pezzi a Fuori Orario di Enrico Ghezzi"

2) "L'ho visto anni fa ad una rassegna...ma non mi aveva entusiasmato" (e far seguire espressioni dubbiose e un pochino schifate fino a che la convesazione scivola su un altro film - calcolate un 3-4 minuti al massimo)

3) "L'ho visto certamente ma forse lo confondo con ... - aggiungete qui il primo film astruso che vi viene in mente, più astruso è meglio è. Il meglio del meglio sono film di nazioni difficili da trovare sul mappamondo e di cui neanche esiste una traduzione italiana.

Ovvio che è buona regola sopperire alle lacune più gravi non appena possibile. Nel mio caso, grazie a prodigi del p2p, si è trattato di affrontare i due irrinunciabili capolavori fantascientifici del maestro sovietico, ovvero Solaris e Stalker. Sapevo che sarebbe stata dura.
Una Locandina russa di Solaris che la dice lunga...

Solaris è un film del 1972, tratto da un racconto di Lem, che narra di una stazione spaziale in orbita su quello che sembra essere uno sterminato ammasso di "plasma pensante". Questa intelligenza aliena analizza il subconscio dei tre abitanti della stazione e sulla base di questo materializza i "visitatori", esseri fisici che interagiscono con gli umani. Il protagonista, uno psicologo appena inviato sulla stazione, si troverà quindi faccia a faccia con una replica della moglie morta anni prima. Lui sa che è una copia aliena, sa che è anche un essere vivente identico alla donna amata etc.etc. ...beh,avete capito: una serie di pippotti filosofico-psicologici in russo sottotitolato in inglese. Mi ha mandato al tappeto (leggasi mi sono addormentato sul divano) tre volte prima di vederne la fine. Non è un brutto film, anzi. Per esempio, i rapporti fra i vari abitanti della stazione sono molto interessanti. Ma è lento. Sottotitolato, poi, è mortale.
Ne esiste anche una remake Hollywoodiano con Clooney, che non ho visto e che mi dicono mantenga intatta la potenza soporifera.

Copertina del DVD in inglese di Stalker (da noi non esiste)


Stalker, invece, fu ultimo film "sovietico" del regista. Realizzato nel 1979 e tratto dal racconto Roadside Picnic dei fratelli Strugratsky, segue il viaggio di uno scrittore e di uno scienziato, accompagnati da uno Stalker, all'interno della misteriosa Zona - un'area disabitata da anni e sede di invisibili e terribili pericoli. Nessuno può entrare nella Zona. L'esercito ne presidia gli accessi. Nessuno nemmeno sa cosa ci sia veramente nella Zona. Si dice che vi sia caduto un meteorite, o che vi siano sbarcati gli alieni. Si dice che, nella Zona, basti un passo nella direzione sbagliata e si muoia. Si dice però che vi sia anche La Stanza, un luogo in cui i propri desideri vengono realizzati. Per questo motivo sono in molti a volere entrare nella Zona, e per farlo hanno bisogno di essere accompagnati da uno Stalker, misteriose guide in grado di decifrare gli invisbili percorsi che consentono l'accesso alla Stanza.
Sotto molti aspetti è un film geniale. Per dirne una, io ci ho visto una efficace metafora del ruolo mistificatorio della religione (lo Stalker come il prete, che tiene sotto controllo artista e scienziato minacciando pericoli e vincoli invisibili, e forse inesistenti). Però pure questo mi ha mandato orizzontale per un paio di volte.

Concludendo: due film sicuramente interessanti, che vale la pena vedere se siete degli appassionati, ma che sono lenti e "spessi". Se non siete degli appassionati del genere, sconsiglierei rispettosamente la visione. Quanto avete appena letto, un paio di minuti su imdb e una delle frasi riportate sopra saranno sufficienti a sostenere le conversazioni durante le feste.

martedì 10 giugno 2008

Tropa de Elite

Tropa de Elite (Josè Padilha, 2007)

Ci sono due motivi che mi hanno spinto a scrivere queste due righe su Tropa de Elite. Il primo è che penso che sia un buon film. Mi è piaciuto molto e vi consiglio di guardalo. Il secondo è che è un film che ha ricevuto, nel nostro Paese, un'accoglienza critica a dir poco controversa.

Basato su un libro scritto da un ex-ufficiale del BOPE (la squadra speciale della polizia brasiliana), il film segue le vicende di alcuni mebri di questo corpo specializzato in violente e repressive incursioni nelle favelas di Rio de Janeiro, per stanare - e spesso uccidere senza troppi complimenti - narcotrafficanti e spacciatori.

E' un ottimo film. Ben realizzato, ottima fotografia, recitazioni convincenti e buona regia. Orso d'Oro a Berlino. Quindi perchè tutte queste polemiche? Beh, è semplice. Perchè i "buoni" agiscono con metodi repressivi e autoritari, diciamo pure fascisti. La cosa certamente non piacerà ai commentatori più sinistrorsi, di cui la critica cinematografica italiana abbonda. Gli uomini del Bope torturano e uccidono, senza discussioni, senza processi e senza dibattiti, salvo poi subire il peso gravoso dello stress emotivo e fisico. Lo fanno perchè hanno la ferma convinzione che gli spacciatori siano assassini. Non hanno dubbi di essere i buoni e non hanno dubbi su chi siano i cattivi. E non hanno dubbi che i cattivi meritino la morte.

Il film è anche impietoso verso la corruzione della polizia, verso i centri sociali delle favelas "collusi" con gli spacciatori e verso i giovani universitari della Rio "bene" che fanno parte, come consumatori o rivenditori, del giro del narcotraffico. In una situazione così incancrenita le carneficine del Bope sembrano necessarie. Non so se sia vero. Non so se sia giusto. Però "Tropa de Elite" è un bel film.

Dimenticavo: il film veniva pubblicizzato con la frase "dagli stessi autori di Cidade de Deus"....parzialmente vero. Uno degli sceneggiatori è lo stesso e anche il direttore della fotografia è lo stesso. Il regista però non è Merellies. Poco male. Sono entrambi ottimi film.

giovedì 29 maggio 2008

This Is Spinal Tap

This is Spinal Tap (Rob Reiner, 1984)

Un solo gruppo ha incarnato il vero spirito del Rock e questo gruppo si chiama SPINAL TAP. Dischi storici come "Intravenus de Milo", "Shark Sandwich", "The Gospel According to Spinal Tap" e il travagliato black album "Smell The Glove" potranno non essere stati ben accolti dalla critica, ma era puro rock. A tutto volume. Anzi di più...non per niente gli amp dei Tap sono gli unici che hanno la manopola del volume che arriva fino ad undici.

Poco importa se negli anni ottanta la loro popolarità scemava. Poco importa se il tour statunitense per promuovere "Smell the Glove" (su cui si basa il film) è stato un fiasco. E sorvoliamo sui problemi scenografici di Stonehenge o sull'aspettativa di vita dei batteristi. Questo è il rock. Alti e bassi. Ritmi forsennati e struggenti ballate romantiche come "Lick my Love Pump".

"This is Spinal Tap" è uno dei più divertenti esempi di mockumentary che abbia visto (il termine "mockumentary" per inciso è stato coniato da Reiner). Però, per una corretta visione del film sono necessari tre prerequisiti:

1) Una buona conoscenza dell'inglese (che io sappia il film non è mai stato tradotto o sottotitolato)

2) Un minimo di conoscenza della storia del rock (per apprezzare i continui riferimenti)

3) Una ricerca sul web per procurarsi il file (lo si trova anche a pezzi su Youtube) dato che in DVD non credo sia mai uscito.

La satira del mondo della musica è impietosa e ce n'è per tutti: Led Zeppelin, Queen prima maniera, Eric Clapton, Black Sabbath, Hendrix, Beatles, Kiss, prog-rock, gothic e flower power.

Il film non fu un gran successo alla sua uscita nelle sale, ma col tempo è diventato un punto di riferimento della commedia made in USA ed ora è un autentico cult movie. Non stupisce che in Italia sia praticamente sconosciuto. Stupisce invece che il regista e coautore di questa goliardata sia anche il regista di Codice D'Onore e che queste siano le sue uniche due opere di grande rilievo. Però è quanto basta per rimanere nella storia del cinema (anche secondo imdb e l'American Film Instute).

Riassiumendo: "THIS IS SPINAL TAP" ROCKS!

martedì 27 maggio 2008

Straw dogs (Cane di paglia)

Straw Dogs (Sam Peckinpah, 1971)

Un timido matematico americano (Dustin Hoffman), per completare il suo libro, si ritira in una fattoria del paese natale della moglie, nel bel mezzo della campagna inglese. Lo scherno dei paesani si tramuta presto in estrema violenza.

Questo è uno di quei film che, usciti tra la fine degli anni 60 e l'inizio degli anni 70, hanno fatto parlare di se più per i pesanti interventi censori che per il loro livello artistico. Intendiamoci: mi è piaciuto. La trama è interessante e ben costruita e l'idea di base non è niente male. Però Peckinpah non è Kubrick, nel senso che non ne ha la forza visiva. Visto con gli occhi di oggi, è un buon thriller, ma mi è sembrato datato come fotografia, regia e montaggio.

Per inciso, secondo me Peckinpah non è neanche un Sergio Leone: anche "Il Mucchio Selvaggio" (che ho visto qualche settimana fa) mi è sembrato datato. Sembrare o non sembrare "datato" è una delle cose che distinguono il "classico" dal "capolavoro".

venerdì 4 aprile 2008

Ogro

Ogro (Gillo Pontecorvo,1979)

Giusto per non scrivere sempre di film che mi hanno entusiasmato, questa volta è il turno di uno
dei film meno noti e, secondo me, meno riusciti di Gillo Pontecorvo.
L'argomento del film è l'attentato all'ammiraglio Luis Carrero Blanco, successore designato di Franco, ucciso a Madrid nel 1973 da un commando di Euskadi Ta Askatasuna. La vicenda è raccontata dal punto di vista degli attentatori.
E' un film che ha avuto una gestazione lunga e travagliata: realizzare un film del genere negli anni 70 e pubblicarlo in un'Italia che aveva appena vissuto il caso Moro presentava una serie di difficoltà e di questioni interpretative.
Il risultato è una pellicola un po' discontinua che ha dei momenti di discreta tensione narrativa ma anche superflui discorsi riconciliativi,del resto necessari per essere sicuri che nessuno potesse interpretare il film come un'apologia della lotta armata.
Ottima interpretazione di Gian Maria Volontè, nei panni del coordinatore del gruppo, e quasi ipnotica la dimessa bellezza di Angela Molina che in più di una inquadratura mi ha ricordato la foto di Jasmine Trinca sulla locandina a "La Meglio Gioventù", immagine che starei a guardare per ore.
Nel complesso non è un brutto film, ma non è niente di eccezionale. L'ho trovato comunque interessante perchè parla di un episodio storico che non conoscevo. Il bello dell'essere ignoranti è che ci sono un sacco di cose da scoprire.


martedì 1 aprile 2008

Viva Zapata!

Viva Zapata! (Elia Kazan, 1952)


Per rispondere alla domanda più frequente che mi sono sentito fare su questo film: no, non è Viva Zapatero della Guzzanti. E' un altro film. Questo è più vecchio e c'è Marlon Brandon. E c'è anche Antony Quinn. Ok?

Viva Zapata! è la storia, romanzata ma non troppo, del rivoluzionario messicano Emiliano Zapata e della sua ascesa da irrequieto contadino a generale della rivolta contro il presidente Diaz.

E' il terzo film di Elia Kazan che ho visto e anche questo, come gli altri due, mi è piaciuto (per inciso gli "altri due" sono "Un Tram Chiamato Desiderio" e "Fronte del Porto"). La sceneggiatura di John Steinbeck regge bene per tutta la durata del film, anche se la realizzazione generale è molto classica ed alcune scene, al giorno d'oggi, sembrano leggermente troppo teatrali. In sintesi un buon film, innovativo (ai tempi) nei contenuti e classico nella forma.

Una curiosità: Viva Zapata! è citato ne "Un Burns per Tutte le Stagioni", il film del signor Burns nell'eccellente puntata dello Springfield Film Festival dei Simpson (Burns-Zapata al pueblo: "I will close plants in America and bring work here!" e il pueblo "Viva el Senor Burns!"). Mitico.
Ah, questo qui di fianco è il vero Emiliano Zapata. Giusto per fare un confronto con Marlon Brando. Che dire? Due gocce d'acqua, non trovate? Una somiglianza impressionante. E' incredibile quanto, già negli anni cinquanta, i maghi del trucco di Hollywood potessero fare con un paio di baffi e un po' di fondotinta!

Una delle regole di Hollywood: gli eroi sono sempre belli.

Genroku Chushingura (La Vendetta dei 47 Ronin)

Genroku Chushingura (Kenji Mizoguchi, 1941)

Dopo questo prometto che per un po' non scriverò di film giapponesi. Specie se, in questo come in altri casi, si tratta di film rari, non tradotti e generalmente ostici.

Genroku Chushingura (letteralmente "storia di fedeltà dell'epoca Genroku", più nota come la storia "dei 47 ronin") è la versione cinematografica di quello che è probabilmente il più famoso romanzo storico giapponese.

In breve, la storia racconta di un nobile, il daimyo Asano, che in un accesso di collera colpisce con la spada Kira, un dignitario nel palazzo dello shogun. Per questa violazione dell'etichetta, il nobile viene sommariamente condannato a fare seppuku. I samurai di Asano, divenuti ronin (uomini onda, ovvero senza padrone), si vendicano assaltando il palazzo di Kira e accettando la conseguente condanna al suicidio rituale.

E' un film molto lungo, solo sottotitolato e di difficile comprensione per chi non abbia un'infarinatura di cultura giapponese. Per di più, giacchè gli originali sono stati persi, anche la qualità video del DVD non è ottimale. Però è un'ottima messa in scena di un classico della letteratura giapponese da parte di uno dei padri fondatori del cinema nipponico. Da vedere, ma solo per gli appassionati.

giovedì 13 marzo 2008

Il Petroliere (There Will Be Blood)

There will be Blood (Paul Thomas Anderson, 2007)

L'inizio del 2008 è stato fenomenale per gli appassionati di cinema. Di fatto c'era (e in parte c'è ancora) solo l'imbarazzo della scelta: American Gangster, Non E' Un Paese Per Vecchi, Sweeney Todd, La Promessa dell'Assassino sono solo i primi che mi vengono in mente. Solo "Sogni e Delitti" di Woody Allen mi ha deluso (è un film fiacco e noioso:evitatelo!). Orbene, sino ad ora ho evitato di parlare di film recenti, principalmente perchè speravo di incentivare gli altri autori del blog lasciando loro i titoli più attuali, ma visto che non scrive nessuno allora lo faccio io. E inizio da un film bellissimo: There Will Be Blood.

"Il Petroliere", decisamente diviso in una sorta di prologo, una fase centrale ed un epilogo, segue le vicende di un cercatore di petrolio senza scrupoli (interpretato da un eccezionale Daniel Day Lewis, Oscar meritato) nell'America dei primi anni del novecento.

Premesso che non è un film che ha pretese intellettuali o filosofiche, Il Petroliere è senza dubbio uno dei migliori film che ho visto negli ultimi mesi. Personaggi e dialoghi sono eccezionali, come eccezionale è la fotografia (altro Oscar) e, in generale, l'intera realizzazione del film. Speciale menzione per la colonna sonora che riesce ad essere contemporaneamente classica e innovativa e che completa alcune delle sequenze più memorabili viste ultimamente al cinema (come quella dell'esplosione di gas al pozzo).

"Il Petroliere" è uno di quei film che ti rinconciliano con Hollywood. Cinema americano ai massimi livelli.

Ah, il titolo italiano non c'entra niente...ma è più vicino a quello del romanzo ("Oil") e non del tutto fuori posto. Il titolo originale rende meglio l'idea del carattere romanzesco del film facendone presagire le tragedie.

martedì 11 marzo 2008

Ichi The Killer (e il "cinema estremo" di Takashi Miike)

Ichi the Killer (Takashi Miike, 2001)

Come mi piace l'espressione "cinema estremo"! Non mi ricordo dove l'ho sentita ma rende proprio l'idea. In effetti, è una dicitura che calza a pennello a Ichi the Killer, ma anche a film come Eraserhead di Lynch o Tetsuo di Tsukamoto. Film che spingono l'immagine oltre i confini del buon gusto fino a creare, nello spettatore, un senso di disagio, quando non proprio disgusto, che non può lasciare indifferenti...se non è arte questa!

Andiamo con ordine. Ichi the Killer, tratto dal manga omonimo, segue le vicende di Kakihara, uno spietato yakuza con la passione per il sadomasochismo. Il padrino di Kakihara è misteriosamente scomparso insieme ad un ingente somma di denaro e lo yakuza, convinto che il boss sia stato rapito, si mette a cercarlo. Le sue richerche lo porteranno a confrontarsi con Ichi, un giovane sessualmente frustrato che, manipolato da un misterioso personaggio detto "il Burattinaio", uccide i "prepotenti" sfogando il suo illimitato sadismo e facendoli letteralmente a pezzi.

Questo film è, nel bene e nel male, disgustoso. Mutilazioni, torture e pervesioni sono trattati in maniera decisamente esplicita. L'humor nero smorza i toni solo in parzialmente e nella maggior parte delle scene truculente rimane un forte senso di disagio. Se superate il disgusto, tutto sommato è un film ben realizzato, ironico e particolare. Però ci vuole uno stomaco decisamente forte già dai titoli di testa (che emergono, grondanti, da una pozza di liquido organico "maschile").

Detto questo, spendo due parole per il regista Takashi Miike. Miike non è particolarmente noto in occidente ma, data la stranezza dei suoi film, la sua popolarità sta crescendo in maniera esponenziale. Si tratta di un regista molto prolifico (almeno due lungometraggi all'anno) ed estremamente poliedrico. La yakuza,ovvero la mafia giapponese, è uno dei temi principali dei suoi film che spesso sono surrealisticamente ultraviolenti.

Oltre al genere yakuza/ultraviolento Miike si è cimentato, con successo, in episodi TV di varie serie nipponiche (tra cui Ultraman), film decisamente surreali (Visitor Q o Il Teatro dell'Orrore Yakuza:Gozu), alcune riduzioni cinematografiche di manga e addirittura film comici come il fantastico Zebraman (di cui trovate spezzoni su Youtube e di cui magari scriverò in futuro - se vi capita guardatelo:è molto divertente!). Tra le altre cose, gli è stata affidata la versione live-action di Yattaman in uscita nel 2009. Non riesco a pensare ad un regista più indicato.

Insomma, un regista fuori dagli schemi che però ha talento e che , se siete alla ricerca di qualcosa di diverso, potrebbe fare al caso vostro. Sempre che il vostro stomaco regga.

giovedì 21 febbraio 2008

Kwaidan (Storie di Fantasmi)

Kwaidan (Masaki Kobayashi,1963)

Altro film da cineforum fantozziano (o da Benedetta dei Ragazzi della 3a C, ricordate?): ammetto di non conoscere molto di 'sto Kobayashi, ma questo regista gode della mia infinita ammirazione per la perfezione stilistica di Seppuku, di cui vi ho già parlato. Quindi, dato che questo DVD era in bella mostra su uno scaffale alla Fnac e che il prezzo era ragionevole non ho resistito all'acquisto.

Kwaidan (letteralmene "storie di fantasmi" in giapponese) è un film "ad episodi". Per la precisione si tratta di quattro cortometraggi ispirati a quattro ghost-stories della tradizione nipponica. La stessa messa in scena è fortemente influenzata dal teatro e dalla pittura giapponese e rinuncia ad ogni pretesa di realismo in favore di un espressionismo deciso e intenso.

I quattro episodi mi sono piaciuti tutti, ma il terzo "Oichi il senza-orecchie" (da cui è tratto il fotogramma) mi è sembrato di gran lunga il migliore. Visionario, teatrale e ben realizzato si apre con un'onirica sequenza di battaglia che è un concentrato di arti visive del Paese del Sol Levante.

Anche questo, come Seppuku, non è proprio un film per tutti. In primis perchè non è doppiato, e in secundis perchè è talmente intriso di cultura giapponese da essere di difficile lettura per i profani. Questo secondo aspetto è ancora più accentuato rispetto a Seppuku, sia perchè la critica sociale è assente e sia perchè le "storie di fantasmi" nipponiche sono decisamente diverse dalle nostre.

Se vi interessano cultura giapponese e i film teatral-pittorici questo è un titolo da vedere a tutti i costi: alcune sequenze (e gli eccezionali titoli di testa) sono veramente splendide.

Un plauso alla "RaroVideo" che ha pubblicato il DVD in Italia: i titoli nel loro catalogo sono più cari della media, ma sono davvero rari ed interessanti (per esempio "Tetsuo" o i film di Jodorowsky) e i DVD sono sempre accompagnati da qualche pagina di introduzione e critica.

lunedì 18 febbraio 2008

Playtime



Playtime (Jacques Tati, 1969)



In una pseudo-Parigi ultramoderna i singoli personaggi, tra cui Monsieur Hulot impersonato dallo stesso Jacuqes Tati, si perdono, in una sorta di surreale vagabondaggio.

Il registro principale del film è quello comico: Monsieur Hulot, che si potrebbe vedere come antesignano di personaggi come Mister Bean, è al centro di situazioni e gag spesso buffe o paradossali. Dire però "al centro" in un film come questo risulta sicuramente impreciso: i paradossi del film sono spesso proprio in una perdita di centralità, in virtuosismi prospettici e di riflessione. Mi ricorda certi dipinti di Dalì: ciò che localmente ha un senso, globalmente ne ha un altro diversissimo (o assurdo). I personaggi non evolvono, le loro interazioni sono intense ma occasionali, i dialoghi fitti ma volutamente quasi sempre vacui, tanto da costituire nella maggior parte dei casi una sorta di rumore di fondo.

Tra una risata e l'altra, attraverso scene per la verità un po' troppo lunghe ma intrise di un interessantissimo horror vacui "jacovittiano", il film ci parla sullo sfondo (ma è il film stesso ad essere sullo sfondo, in primo piano non c'è mai nulla) della perdita di identità, del trionfo del moderno sull'uomo.

Il film è decisamente originale, come ripeto alcune scene sono un po' lunghe. Chi si avventura a guardarlo sarà però ripagato con un film geniale, e da alcune gag di una comicità brillante, talvolta poetica.

giovedì 14 febbraio 2008

Indagine su un Cittadino al di Sopra di Ogni Sospetto


Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Elio Petri, 1970)


Il capo della sezione omicidi della Questura di Roma, un uomo distinto e capace ma anche autoritario ed arrogante, uccide l'amante sgozzandola durante l'amplesso e dissemina la scena del crimine di prove inequivocabili della propria colpevolezza. Lo scopo dichiarato del delitto è quello di dimostrare la propria "insospettabilità".


Questo film ha molti meriti, in primis l'idea e lo svolgimento della trama che rivela poco a poco la complessa e frustrata psicologia del funzionario di polizia. L'esercizio del potere e della violenza sono lo sfogo di una mente infantile e repressa.


Però è anche un film "datato". Ci sono film che sembrano sempre attuali e ce ne sono alcuni che sembrano migliorare col tempo. Questo, invece, rivela i suoi anni dopo poche sequenze. Se non fosse per l'assenza di sparatorie, a prima vista potrebbe essere scambiato per un "poliziottesco" come tanti altri.


La recitazione di Volontè è un po' sopra le righe per i canoni attuali (forse per l'eccessiva "sicilianizzazione" del personaggio) ma è comunque molto efficace, così come efficace è la celeberrima colonna sonora di Morricone.


In sintesi: non mi è dispiaciuto ma credevo fosse più bello.

giovedì 7 febbraio 2008

La Battaglia di Algeri

La Battaglia di Algeri (Gillo Pontecorvo, 1966)

Questo film racconta, con un taglio quasi documentaristico, l'ascesa e la cattura del capo indipendentista Ali La Pointe nella Algeri degli anni cinquanta, tra i rastrellamenti della casbah da parte dei parà francesi e gli attentati del Fronte di Liberazione Nazionale.

"La Battaglia di Algeri" è uno dei migliori film che mi sia mai capitato di vedere. La sceneggiatura, per esempio, riesce ad essere neutrale ed emozionante allo stesso tempo.

Fotografia, recitazione,scenografia...tutto funziona alla grande e fin dalle prime sequenze si ha la sensazione di assistere ad un capolavoro. L'unica cosa che non mi ha mai entusiasmato è la colonna sonora, firmata peraltro dal maestro Ennio Morricone.

Se non l'avete mai visto, guardatelo. E' il mio film italiano preferito e credo sia uno dei film più belli di sempre.

martedì 5 febbraio 2008

Seppuku (Harakiri)

Seppuku (Masaki Kobayashi, 1962)

Ok, questo è un film da cineforum fantozziano. Non so a quanti di voi potrebbe piacere, ma non posso fare a meno di parlarvene.Seppuku ha molti difetti per lo spettatore medio. Per esempio è lento. Per esempio non è doppiato in italiano (ne' in inglese se è per quello). Per esempio è talmente intriso di cultura giapponese che può risultare un po' ostico.
Siamo nel Giappone del 1600. Un giovane samurai, ridotto in miseria, chiede di fare harakiri presso il palazzo di un alto dignitario - richiesta che talvolta veniva respinta con una piccola elemosina . Il giovane viene però costretto dal nobile locale ad un suicidio rituale di inusitata truculenza, sia come punizione per il suo stato di miseria, sia per "dare l'esempio" ai samurai del palazzo.
Qualche mese più tardi, un altro samurai in miseria, più vecchio, si presenta al palazzo con la medesima richiesta. Ma è chiaro da subito che c'è qualcosa che non quadra in questo anziano e cencioso guerriero.
Con tutti i difetti di cui vi dicevo, penso che Seppuku sia un film magnifico. Ogni singola inquadratura è un esempio di perfezione geometrica e di composizione dell'immagine. Non c'è una sequenza fuori posto. Non c'è immagine che non rifletta un'estetica posata e pulita, tipicamente giapponese e allo stesso tempo estremamente moderna e teatrale. Un po' come in molti film di Kubrick, la pulizia dell'immagine e la perfezione stilistica creano un senso di "tragedia imminente" che è difficile descrivere.
E' anche una pellicola di violenta denuncia contro l'inumanità del codice d'onore dei samurai,e, per traslato, dell'intero sistema di valori "tradizionale" della socità giapponese e, in un senso ancora più in generale, della vacuità dei simboli, dell'apparenza e delle tradizioni quando queste siano slegate dai bisogni concreti della persona e dai suoi sentimenti.

domenica 3 febbraio 2008

I Tre dell'Operazione Drago

Enter the Dragon (Robert Clouse,1973)


Chiariamoci da subito: e' un B-movie. Ma non è detto che sia un male.

Unico lungometraggio di produzione Hollywoodiana con Bruce Lee, Enter the Dragon è uno di quei film che, senza particolari meriti artistici o cinematografici, diventa film di culto perchè paradigma di un genere. E il genere in questione è quello dei film-di-arti-marziali-annisettanta.

Un'inespugabile isola-fortezza, sede di una potente organizzazione criminale, ospita annualmente un torneo di arti marziali. I servizi segreti britannici ingaggiano Lee perchè partecipi al torneo e raccolga informazioni sulle attività illegali che si svolgono sull'isola.

In questo film ci sono tutti gli stereotipi del genere: il maestro vecchio e saggio, l'americano (John Saxon) intrallazzone ma buono, il tipo afro in fuga dalla legge e grande amatore, il cattivo freddo e calcolatore, la bellissima spia infiltrata. C'è tutto. Azione, filosofia zen versione popcorn, vedute della Hong Kong del tempo, discinte signorine orientali e Bruce Lee con tanto di nunchaku. Ed è pure il film in cui debutta Jackie Chan (entra,prende due calci ed esce di scena).

E' un grande B-movie. Di quelli che piacciono tanto a Tarantino.

lunedì 28 gennaio 2008

Aguirre, Furore di Dio


Aguirre, der Zorn Gottes (W.Herzog,1972)

Si è fatto un gran parlare di Werner Herzog nelle scorse settimane. La recente rassegna al Museo Nazionale del Cinema di Torino e la ristampa delle pellicole dagli originali (sempre a cura della fondazione del museo) ha avuto una grande copertura mediatica, culminata con l'ospitata del regista da Fazio.

Non mi ricordavo di aver visto un singolo film di 'sto benedetto e osannato Herzog. Ho deciso di rimediare.

L'ambientazione del film è quella della ricerca dell'Eldorado, 1560. Pizarro, dopo aver scavalcato le Ande con uomini in arme, cavalli e cannoni, non riesce a penetrare la giungla e manda una quarantina di uomini in avanscoperta, ordinandogli di discendere il fiume su delle zattere. Vicecomandante del drappello è Aguirre (Klaus Kinski) che, nella crescente brama di potere, diventa folle e conduce la spedizione alla rovina.

Vi confesso che questo film non mi è piaciuto molto. La "maschera" di Kinski è fantastica e alcune inquadrature sono molto suggestive. Però il film non mi ha catturato, forse per un eccessivo minimalismo. L'unica sequenza veramente memorabile è quella di apertura, con l'esercito spagnolo che scende dalle Ande.

Ho trovato più interessante "La Ballata del Soldato Bambino", documentario del 1984 sulla condizione dei bambini-soldato in Nicaragua. Incluso negli extra del DVD, ne giustifica pienamente l'acquisto.

mercoledì 23 gennaio 2008

Per me "La Corazzata Potemkin" è....

Ciao a tutti!

Questo è il primo post del blog "Per me, la Corazzata Potemkin è...".

Si tratta solo di uno spazio in cui un gruppo di amici condivide impressioni e opinioni. Principalmente si parlerà di cinema. Ma anche di libri, teatro, TV...diciamo un po' tutto quello che è "divertimento" e che ci piacerebbe condividere.

Chiederemmo a tutti gli autori dei post di osservare alcune "indicazioni", per quanto possibile. Non vogliamo "dettare delle regole", quindi la lista qui sotto è aperta a discussioni e modifiche.

1) Nel segnalare un film (o un libro o quello che è) è gradito un breve riassunto. Per "breve" si intende qualche riga.

2) Non si raccontano i finali.

3) Utilizzare "etichette" (tag) comuni e condivise.

Per ora solo tre. Credevo di più.
Beh, personalmente spero di evitare discorsi da cineforum fantozziano. E proverò ad impormi sintesi e semplicità.

A presto!

Dino (ScimmiaSpaziale)